Ricorso della Regione Puglia (p.iva: 80017210727), in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa, giusta delibera di GR n. 1132 del 7 maggio 2010 ed in virtu' di procura a margine del presente atto, dagli avv.ti Maria Liberti e Vittorio Triggiani - anche in via disgiuntiva tra loro -, e con loro elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria n. 2 (c/o dott. Alfredo Placidi), contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.lgs. 15 febbraio 2010, n. 31, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010, supplemento ordinario n. 45/L, recante «Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99», nella sua interezza e con riferimento all'art. 4, all'art. 5, commi 1 e 2, all'art. 8, all'art. 11, commi da 5 a 10, all'art. 13, commi 10 e 11, per violazione degli artt. 76, 117, 118 e 120 Cost. e del principio di leale cooperazione e sussidiarieta'. L'art. 25 della legge n. 99/2009 ha conferito al Governo una delega legislativa finalizzata ad una riforma complessiva della normativa in materia di produzione di energia da fonte nucleare. L'oggetto della delega e' evidentemente riconducibile ad ambiti di competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost., quali quelli inerenti alla «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» ed al «governo del territorio». La delega mira alla riforma sostanziale - e non al mero riordino - dell'ordinamento di settore: ad essa, pertanto, va riconosciuta natura innovativa, come peraltro chiarito dal Consiglio di Stato - Sezione Consultiva atti normativi, nel parere sullo schema di decreto legislativo reso nell'adunanza dell'8 febbraio 2010. La legge in esame, sia nel delineare il procedimento di attuazione della delega, sia nel predeterminarne i principi e criteri direttivi specifici, ha manifestamente violato le attribuzioni legislative e regolamentari delle Regioni e disatteso il principio di leale cooperazione sotteso al Titolo V della Costituzione. Per tali ragioni, la Regione Puglia (in uno ad altre Regioni italiane) ha impugnato detta legge di delega mediante ricorso diretto ex art. 127, secondo comma, Cost., da intendersi qui richiamato ed integralmente trascritto. Detta impugnativa, iscritta al n. 72/2010 R.R. e' fissata per la discussione all'udienza del 22 giugno 2010. Alla delega in esame il Governo ha inteso dare attuazione attraverso il d.lgs. n. 31/2010 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010, supplemento ordinario n. 45/L - recante «Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99». Tale provvedimento normativo, che peraltro mutua per derivationem i vizi gia' denunciati a carico della legge di delega a mezzo del ricorso di cui innanzi, e' stato definito all'esito di un procedimento illegittimo, nel cui contesto sono state totalmente disattese le prerogative regionali; esso e' costituzionalmente illegittimo anche sotto il profilo contenutistico, attesta la sistematica violazione operata dal legislatore delegato in relazione agli ambiti di autonomia legislativa e regolamentare delle Regioni, in contrasto con i principi di leale cooperazione e sussidiarieta'. Pertanto, la Regione Puglia, a mezzo dei sottoscritti difensori, si rivolge a codesta Ecc.ma Corte per sentir dichiarare costituzionalmente illegittime le norme impugnate, per i seguenti motivi. M o t i v o Violazione degli artt. 76, 117, 118 e 120 Cost., Violazione della potesta' legislativa concorrente regionale in materia di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica nonche' in materia di governo del territorio. Violazione della potesta' regolamentare regionale. Violazione dei principi di leale collaborazione e di sussidiarieta'. 1. - Il provvedimento normativo e' stato promulgato all'esito di un procedimento condotto in violazione della legge di delega, dell'art. 76 Cost., e delle ulteriori disposizioni costituzionali e principi in rubrica. E' stata infatti omessa l'acquisizione del parere della Conferenza Unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che di contro, alla stregua del dettato dell'art. 25 della legge n. 99/2009, costituiva atto prodromico essenziale per l'esercizio della potesta' delegata. Di tale circostanza si da' espressamente atto nelle premesse del d.lgs. n. 31/2010, liddove si chiarisce che «la seduta del 27 gennaio 2010 della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modifiche e integrazioni, al cui ordine del giorno era iscritto il presente decreto legislativo, non si e' tenuta». La rilevata omissione, oltre a tradursi nella violazione della legge di delega (rilevante in termini di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 76 Cost.), ha del tutto impedito alle Regioni di partecipare all'iter legislativo, che pure inerisce all'esercizio di potesta' legislativa concorrente e - in genere - all'istituzione ed alla disciplina di funzioni amministrative incidenti su interessi territorialmente riferibili alle Regioni. L'omissione e' stata peraltro rilevata e sottolineata anche dal Consiglio di Stato - Sezione Consultiva atti normativi, nel parere sullo schema di decreto legislativo reso nell'adunanza dell'8 febbraio 2010. 2. - L'art. 5, comma 2, del d.lgs. 31/2010 rinvia ad un decreto interministeriale la definizione dei requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attivita' di costruzione, esercizio e disattivazione degli impianti, laddove, di contro, l'art. 25 della legge n. 99/2009 prescrive che detti requisiti soggettivi siano stabiliti con il decreto o i decreti legislativi di attuazione della delega. L'affidamento ad una fonte di normazione secondaria della individuazione dei requisiti in parola viola, dunque, la legge di delega; esso, inoltre, appare illegittimo per violazione dell'art. 76 Cost. ed incide sulle prerogative regionali, giacche', ove tali scelte fossero state rimesse, come doveroso, ad un decreto legislativo integrativo, da emanarsi nei termini e secondo le modalita' di cui all'art. 25, della legge di delega, sarebbe stato acquisito il previo parere della Conferenza Unificata. Risultano dunque violati gli artt. 117, 118 e 120 Cost. ed i principi di leale cooperazione e di sussidiarieta'. 3. - L'art. 117, terzo comma, Cost. include il settore della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e quello del «governo del territorio» nel quadro delle materie oggetto di legislazione concorrente, secondo il criterio di riparto di competenze tra Stato e Regioni operato dalla riforma del Titolo V. Inoltre, sia l'art.120 che l'art. 118 Cost. fanno espresso richiamo al rispetto del principio di sussidiarieta', che nella sua applicazione concreta si traduce in un ulteriore criterio di riparto delle competenze legislative. Inoltre, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato che «allorche' sia ravvisabile, ai sensi dell'art.118, primo comma, un'esigenza di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, lo Stato e' abilitato a disciplinare questa materia per legge e cio' pure se quelle funzioni amministrative sono riconducibili a materie di legislazione concorrente. Tuttavia i principi di sussidiarieta' ed adeguatezza in forza dei quali si verifica l'ascesa della funzione normativa (dal livello regionale a quello statale), convivono con il normale riparto di competenze contenuto nel Titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita', sia oggetto di un coinvolgimento della Regione interessata (sentenze n. 383, n. 285, n. 270 e n. 242 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003). (...). Per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (Corte Cost., n. 214/2006). Il d.lgs. n. 31/2010 dispone l'attrazione di funzioni amministrative regionali a livello statale, in quanto il legislatore nazionale ha ritenuto sussistere, in riferimento alla materia energetica, ragioni di esercizio unitario di dette attribuzioni. L'operativita' del principio di sussidiarieta', cosi' inteso, soggiace al principio di leale collaborazione, al limite dell'intesa tra Amministrazioni nonche' ai principi di proporzionalita' e adeguatezza. In particolare, alla luce della ricostruzione operata da codesta Ecc.ma Corte nella sentenza n. 303/2003, il principio di sussidiarieta' ha valenza procedimentale, nel senso che l'intesa si connota di un ulteriore elemento, consistente nella necessita' che essa debba essere procedimentalizzata di guisa da rendere piu' agevole un eventuale controllo giurisdizionale. Si richiama, sul punto, la recentissima sentenza n.121 del 22 marzo 2010, depositata il 26 marzo 2010, che qualifica l'intesa come «uno strumento "forte" di leale collaborazione (...) imposto dall'incidenza del principio di sussidiarieta'». Significativi appaiono i riferimenti operati nella citata decisione in ordine alle conseguenze del mancato raggiungimento delle intese ivi previste. Con la citata sentenza n.121/2010, codesta Ecc.ma Corte ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittima una disposizione legislativa statale «per violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni». Secondo la pronuncia in esame e' illegittima una norma che «vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti "un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata (....) dalla paritaria codeterminazione dell'atto"; non e' legittima infatti "la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra" (sentenza n.24 del 2007). Il superamento delle eventuali situazioni di stallo deve essere realizzato attraverso la previsione di idonee procedure perche' possano aver luogo "reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo" (sentenza n. 339 del 2005). Se queste cautele sono valide per tutti i casi in cui sia prevista un'intesa, esse acquistano una pregnanza particolare nel sistema dei rapporti tra Stato e Regioni in cui sono da integrare la potesta' unificatrice del primo e le autonomie costituzionalmente tutelate delle seconde». Alla luce di tali principi, il d.lgs. n. 31/2010 appare illegittimo nella misura in cui, ai fini della localizzazione e dell'autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di produzione di energia nucleare circoscrive - di fatto - il coinvolgimento delle Regioni alla formulazione di meri pareri e comunque ne circoscrive e depotenzia in misura sostanziale la potesta' decisionale. Al riguardo paiono emblematiche le disposizioni qui di seguito richiamate. 3.1. - L'art. 11 disciplina gli adempimenti funzionali alla certificazione dei siti da destinare all'insediamento di impianti nucleari. Tale fase si colloca a valle della definizione dei criteri localizzativi da utilizzarsi per l'individuazione delle aree potenzialmente destinate alla localizzazione degli impianti nucleari (art. 8). Detti criteri vengono individuati dall'Autorita' statale all'esito di un articolato procedimento interamente svolto a livello centrale, senza alcun effettivo coinvolgimento delle Regioni, alle quali viene riconosciuta la facolta' di proporre mere «osservazioni» (cfr. art. 8, comma 2), al pari di qualsiasi altro portatore di «interessi qualificati». Su tali basi ha luogo la «certificazione dei siti», il cui procedimento, delineato dall'art. 11, commi da 5 a 10, contempla una intesa «debole» con la Regione territorialmente interessata. Ed invero, in tale dinamica procedimentale, in ipotesi di mancato perfezionamento dell'intesa: viene dapprima istituito un Comitato Interistituzionale a composizione «paritaria», nel cui contesto, peraltro, viene in rilievo una «parita'» asimmetrica, assicurata, del tutto singolarmente, dalla compresenza di tre membri di nomina ministeriale e di un rappresentante della Regione (art. 11, comma 6); quindi, in ipotesi di mancata definizione dell'intesa ovvero di mancata costituzione del Comitato, viene emanato un «decreto sostitutivo dell'intesa» da parte del Presidente della Repubblica (art. 11. comma 6). Peraltro, tanto l'intesa che il relativo «decreto sostitutivo» (atto con cui l'eventuale diniego della Regione viene superato d'imperio dall'Autorita' statale), «operano anche in deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni Interessati da ciascuna possibile localizzazione». Sotto tale ultimo profilo, appare evidente che - in ipotesi di intesa non perfezionata e/o di dissenso della Regione, con conseguente emanazione del «decreto sostitutivo» - la compressione delle potesta' normative, programmatorie ed amministrative viene in rilievo anche in relazione all'ambito materiale di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»), che, pur afferendo alla potesta' esclusiva statale, e' presidiato dai «Principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione» codificati nell'art. 3-quinquies del d.lgs. 152/2006, introdotto dal d.lgs. n. 4/2008. Ed ancora, ai sensi del successivo art. 11, comma 8, all'esito delle procedure di cui ai precedenti commi 4, 5 e 6, l'elenco dei siti certificati viene trasmesso alla Conferenza Unificata, che ha sessanta giorni per pronunciarsi. In mancanza di intesa perfezionata entro detto termine (e quindi anche in ipotesi di mancato raggiungimento del consenso in Conferenza Unificata), provvede il Consiglio dei ministri con deliberazione motivata, sulla base delle intese gia' perfezionate con le singole Regioni interessate, ovvero «dei decreti sostitutivi di intesa». In sostanza, dietro un apparente coinvolgimento delle Regioni e della Conferenza Unificata nella individuazione dei siti, il decreto impugnato di fatto articola una serie di dispositivi procedimentali volti al superamento unilaterale e imperativo del dissenso o del mancato pronunciamento delle autonomie regionali, sicche' nessun rilievo sostanziale viene di fatto attribuito alla volonta' delle Regioni, pur in presenza di scelte che ineriscono specificamente al loro territorio e che afferiscono a materie di potesta' concorrente ex art. 117, secondo comma, Cost. Cio' con effetti modificativi cogenti finanche sui contenuti della programmazione energetica regionale, ai sensi dell'art. 11, comma 10. 3.2. - Analoghe considerazioni possono svolgersi in relazione alla disciplina del procedimento di rilascio delle autorizzazioni, delineata dall'art. 13. La norma (comma 11) prevede un procedimento in conferenza di servizi, nel cui contesto viene ricercata l'intesa con gli Enti locali (e non anche con la Regione interessata), peraltro tenuti ad esprimersi entro un termine dato (stabilito dal Presidente del Consiglio dei ministri), decorso il quale provvede il Presidente del Consiglio dei ministri mediante «decreto sostitutivo dell'intesa». In tale ambito procedimentale, alle Regioni non e' neppure richiesta la partecipazione alla formazione dell'intesa (surrogabile mediante D.P.C.M.), bensi' la sola partecipazione ai lavori del Consiglio dei ministri preordinati all'emanazione della deliberazione presupposta al «decreto sostitutivo dell'intesa». In conclusione, come evidenziato il provvedimento legislativo impugnato, in attuazione di una delega gia' di per se' illegittima, ha inciso in misura sostanziale in materie affidati alla competenza concorrente delle Regioni, spingendosi ben oltre la determinazione dei principi fondamentali, ed ha avocato allo Stato consistenti ambiti di potesta' amministrativa, normativa secondaria e pianificatoria/programmatoria di stretta competenza delle Regioni e degli Enti locali. A fronte di cio', il decreto legislativo impugnato non ha previsto alcun effettivo meccanismo procedimentale che assicuri alle Regioni margini di codecisione paritaria, ed anzi ha prefigurato la possibilita' per l'Autorita' statale di determinarsi imperativamente sulla individuazione delle aree, sulla localizzazione degli impianti e sul rilascio delle autorizzazioni disattendendo le determinazioni delle amministrazioni regionali.